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la preparazione e la prevenzione degli infortuni nel giovane calciatore

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La preparazione alla stagione agonistica nel calcio, ma in generale in

tutto lo sport, è un aspetto fondamentale per la prevenzione degli infortuni, ma viene

troppo spesso trascurata.

Di conseguenza negli ultimi anni si è registrato un incremento del numero di infortuni

di qualsiasi tipo, per ogni segmento corporeo e in tutte le fasce d’età.

Il calcio è sicuramente uno degli sport in cui si conta il maggior numero di traumi:

vediamo perché.

Studio sugli infortuni

L’infortunio è la conseguenza di un incidente fisico, ovvero di un evento dannoso e

imprevedibile.

Uno dei più importanti studi in merito agli infortuni nel calcio è quello svolto alcuni

anni fa dal Settore Giovanile e Scolastico della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Più di 600 giovani della categoria Allievi (16-17 anni) dovevano elencare le varie

patologie sofferte dalla loro appartenenza alla categoria Pulcini (6-8 anni). In

particolare dovevano indicare il tipo di lesione subita, la categoria in cui era

avvenuta, le modalità e le cause dell’incidente e la regione anatomica interessata.

Da questa indagine è risultato che:

la maggior parte delle lesioni traumatiche avvengono durante le partite

(48,6%), seguite da quelle da sovraccarichi funzionali (27,3%), e da lesioni

procurate in allenamento (20,1%);

come tipologie le più frequenti sono le distorsioni (41,5%), dopo le fratture

(21%), a seguire le osteocondrosi (16%) ed infine le lesioni muscolari (13,3%);

le regioni anatomiche maggiormente interessate sono: caviglie (31,1%), cosce

(21%), ginocchia (19%), gambe (4,9%), bacino (4%), piedi (3,9%) e spalle

(3,8%).

Lo studio mette in luce una sostanziale diversità fra gli infortuni del calcio giovanile

rispetto a quello degli adulti.

I giovani calciatori hanno lesioni simili a quelle id altri atleti di pari età: ciò che

conta, quindi, non è tanto lo sport praticato quanto la fase di crescita in cui viene

svolto.

La prevenzione

La prevenzione è quindi lo strumento necessario per ridurre l’incidenza degli

infortuni nel calcio e nello sport in generale e include tutte le azioni finalizzate a

impedire o ridurre il rischio che si verifichino eventi non desiderati.

In medicina esistono 3 tipi di prevenzione:

prevenzione primaria: tutti i comportamenti atti ad evitare/ridurre

l’insorgenza/sviluppo di una patologia;

prevenzione secondaria: valutazione della presenza dei fattori di rischio per la

diagnosi precoce di una patologia, così da poter intervenire precocemente e

aumentando le opportunità di prevenire la progressione e/o ridurre gli effetti

negativi

prevenzione terziaria: riduce l’impatto negativo di una patologia presente, le

complicanze e le probabilità di recidiva.

Nella medicina in generale e nello sport la forma di prevenzione più importante è

pertanto quella primaria. Anche se non vanno trascurate le altre, nei calciatori infatti

si osservano spesso recidive dovute a trattamenti non idoneo.

Allenare la capacità propriocettiva nel calcio

La propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio

corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei muscoli anche senza il supporto della

vista.

Questa funzione è svolta da specifici recettori denominati propriocettori che sono

sensibili agli stimoli provenienti dall’interno del nostro organismo.

È quindi di fondamentale importanza nel controllo del movimento da parte

dell’organismo stesso.

Uno studio pubblicato dall’Università di Santa Monica nel 2005 prevedeva

l’inserimento di esercitazioni propriocettive nelle normali sedute di allenamento di

circa 3000 calciatrici. I risultati sono stati nettamente positivi.

E molti altri lavori successi hanno confermato l’importanza di allenare in maniera

preventiva le strutture propriocettive articolari e neuromuscolari.

L’allenamento propriocettivo viene utilizzato in 3 fasi diverse dell’attività calcistica:

1. nella rieducazione post-traumatica;

2. nella preparazione atletica;

3. nella prevenzione.

L’importanza del riscaldamento e dell’attivazione

muscolare

La fase centrale dell’allenamento deve essere preceduta dal

cosiddetto riscaldamento, ovvero da “tutte le misure che, prima di un carico (di

lavoro fisico) sportivo, servono sia a creare uno stato di preparazione psicofisico e

cinestesico-coordinativo ottimale sia alla prevenzione degli infortuni” (Weineck,

1998).

I muscoli e i tendini a riposo hanno una temperatura di circa 36°C e il loro

rendimento ottimale si ha intorno ai 38°C perché diminuiscono gli attriti tra le

articolazioni, i tendini scorrono più facilmente, c’è un aumento della lubrificazione

sinoviale e un maggior apporto di nutrienti ai muscoli.

Con attivazione muscolare si intende la fase di riscaldamento con esercizi o una corsa

blanda per mettere in moto l’organismo e innalzare la temperatura corporea.

Per riscaldamento dinamico muscolare si intende la fase con esercizi generali o

specifici di media intensità.

Queste due fasi del riscaldamento, se effettuate nella giusta maniera, possono

rappresentare la difesa più efficace contro le possibili lesioni muscolari.

Tra le migliori tecniche di allungamento vogliamo ricordare: la Mezieres e la

rieducazione posturale globale -RPG-, entrambe basate sull’allungamento delle

catene muscolari, perché i muscoli non sono strutture indipendenti le une dalle altre,

ma collegate in lunghe concatenazioni.

Allungare solo una parte della catena muscolare, come nello stretching analitico, non

ha senso perché l’elasticità di un muscolo è strettamente legata a quella dei muscoli

appartenenti alla stessa catena.

Queste tecniche vengono definite allungamenti globali attivi decompensati, poiché

questo tipo di allungamento permette di eliminare tutti quei “compensi” che si

possono verificare nell’allungamento analitico.

Nella pratica sportiva, questa forma di allungamento è rivolta alla rieducazione

posturale per la prevenzione e il trattamento delle alterazioni dell’equilibrio tonico

dei muscoli.

Migliorare la mobilità articolare

Il concetto di prevenzione prevede anche un miglioramento della mobilità articolare

la quale rappresenta un “presupposto elementare per un’esecuzione qualitativamente

e quantitativamente migliore di un movimento” (Harre, 1976).

Diversi studi hanno dimostrato che nel calcio, con un miglioramento di questa

capacità si ha un’ottimizzazione delle capacità condizionali. Una muscolatura

allungata e con maggior possibilità di allungamento esprime una forza maggiore, si

possono osservare vantaggi anche nella rapidità (grazie ad un maggior impulso di

forza nella spinta a terra del piede) e nella resistenza (aumento dell’economia della

corsa e minor dispendio di energia).

Oltre ad avere effetti positivi sulla prestazione, la mobilità articolare ha un

importantissimo ruolo nella prevenzione degli infortuni. “Un suo sviluppo ottimale

produce una maggiore elasticità, capacità di allungamento e di rilassamento dei

muscoli, dei tendini e dei legamenti interessati, fornendo così un importante

contributo ad una buona tollerabilità del carico ed alla prevenzione degli infortuni”

(Weineck, 1998).

Una muscolatura ben sviluppata rappresenta la forma di protezione più efficace per

l’apparato locomotore e di sostegno. Nel calcio l’allenamento della forza è necessario

per un incremento della capacità specifica di prestazione, per una maggiore efficacia

delle capacità tecniche, per la preparazione fisica generale e per la prevenzione dei

traumi.

Attenzioni per il settore giovanile

Al fine di prevenire gli infortuni nel settore giovanile del calcio, è

opportuno inserire nella programmazione annuale esercizi che allenino le strutture

propriocettive articolari e neuromuscolari, la cura della fase di riscaldamento, il

miglioramento e il consolidamento sia della mobilità articolare che della forza senza

tralasciare l’allungamento muscolare tramite le tecniche globali attive di

allungamento.

Tutto ciò deve rientrare in un più ampio concetto di programmazione pluriennale che

comprende:

1. la valutazione delle abilità motorie;

2. il lavoro sui deficit motori;

3. la ripetizione di esercitazioni preventive con stimoli allenanti;

4. il monitoraggio dei miglioramenti delle capacità allenate per garantire una

continuità nel processo formativo.